“Massimo Gerardo Carrese, fantasiologo di professione, un mestiere che sembra inventato, e invece è scelto.” (14 aprile 2025)
Massimo Gerardo Carrese. “Uno stato di cose. Sulla fantasia”, 2024
M. G. C. [Massimo Gerardo Carrese, ndr] sponsorizza un tipico nome da esperto e studioso (grazie al suffisso -logo, di antichissima e grecissima origine), che lo riguarda direttamente. M. G. C. si definisce fantasiologo, ovvero «studioso di storie e caratteristiche della fantasia e dell’immaginazione». Va detto che il nome è bello. […] Poiché l’attività del fantasiologo mette in campo l’idea del gioco e, in particolare, del gioco linguistico, ci sentiamo di sostenere che il nome e l’attività rappresentano uno spiraglio divertente e intelligente in tempi di loquele e di azioni spesso funeste. […]
Dal 2001 mi occupo di fantasia, immaginazione e creatività. Le studio da diversi punti di vista: scientifico, umanistico, artistico, perfino ludico. L’ambito di ricerca in cui mi muovo è la fantasiologia. Sono un fantasiologo. È il mio lavoro.
Collaboro con scuole, biblioteche, università, musei, carceri, librerie, fondazioni. Organizzo laboratori, incontri, un festival, corsi di formazione sul tema della fantasiologia. Tutto il mio interesse ruota attorno a tre facoltà che usiamo quotidianamente — spesso senza accorgercene: fantasia, immaginazione, creatività.
C’è un aspetto che trovo particolarmente stimolante: queste facoltà non sono strumenti per fuggire dalla realtà. Quello è il territorio della fantasticheria, che è un’altra cosa (non meno importante!). Fantasia, immaginazione e creatività servono piuttosto a leggere meglio la realtà, a interpretarla, a trasformarla. Addirittura a fondarla, ma per approfondire il discorso su fantasia, immaginazione, creatività e fantasticheria rimando alla pagina pubblicazioni.
Fantasia, immaginazione e creatività hanno una storia lunga, affascinante e sorprendentemente concreta.
Il punto è che, su questi temi, si improvvisa molto. C’è chi parla per esperienza personale, chi cita opinioni prese qua e là, chi generalizza dopo aver letto un paio di libri. Ma per capire davvero come funzionano queste facoltà, serve studio rigoroso e trasversale. Serve attraversare più saperi, mettere insieme prospettive diverse. Serve tempo. E serve sapere che questo percorso ha radici profonde: il primo trattato sulla fantasia risale al V secolo avanti l’era volgare.
Fantasia, immaginazione, creatività: sono parole che usiamo ogni giorno. Ma non sono contenitori da riempire a piacere. Ognuna ha una propria identità, delle caratteristiche precise. E c’è una storia che le racconta. Una storia fatta di filosofi, certo, ma anche di matematici, scienziati, linguisti, artisti. Una storia che troppo spesso viene ignorata, non solo da chi si avvicina a questi temi per semplice curiosità, ma anche da chi lavora nel settore. Succede persino che professionisti, con le migliori intenzioni, confondano queste facoltà o propongano laboratori sulla creatività basati su idee poco solide dal punto di vista tecnico. Non si tratta di superficialità, ma spesso della mancanza di consapevolezza che esistono strumenti per orientarsi in un campo che appare libero e spontaneo, e che quindi crediamo di poter conoscere solo per opinione personale. In realtà, la fantasia, l’immaginazione e la creatività hanno una struttura complessa, radicata in storie, teorie e pratiche tutte da studiare.
Succede ancora che la fantasia venga vista solo come evasione, sogno, costruzione di mondi immaginari. Ma la fantasia è anche struttura della connessione, concretezza della possibilità. Non è un volo alla cieca. La fantasia è una forma di pensiero, certo — ma non è solo astrazione. È anche la capacità di costruire connessioni reali, di trovare soluzioni tangibili, di esplorare il possibile in modo pratico, di interrogare concretamente l’alternativa, di dare consistenza all’ipotesi. È una facoltà che unisce visione e struttura. E questo lo capiamo solo se la studiamo, approfonditamente. Proprio per questo merita di essere conosciuta a fondo.
Qui, allora, nasce una domanda importante: come facciamo a capire quando, su questi argomenti, ci raccontano qualcosa di tecnicamente sbagliato? Tutti riconosciamo che Manzoni non ha scritto la Divina Commedia. Ma quanti si accorgono che la frase “la fantasia è la facoltà più libera, quella che crea mondi immaginari” non è del tutto corretta? Su che basi possiamo dirlo? La fantasia non è improvvisazione. Certo, è legata alla sfera emotiva, alla cultura di ciascuno di noi ma è allo stesso tempo è anche una competenza. E si può studiare. Capirla bene significa anche distinguere tra concetti simili ma non uguali: fantasia, immaginazione, creatività, fantasticheria. Hanno qualcosa in comune, sì. Ma anche confini. Il lavoro del fantasiologo è questo: studiare, distinguere, mettere in relazione. Dentro un ambito di ricerca, la fantasiologia. E al di là.
Fantasiologo è una parola che già esisteva nella lingua italiana ma, da 23 anni a questa parte, ho deciso di declinarla come figura di studioso. In pratica si tratta di uno studioso che analizza gli aspetti scientifici, umanistici, ludici e artistici di tre facoltà che sono, appunto, la fantasia, l’immaginazione e la creatività. Il fantasiologo studia, quindi, gli aspetti tecnici della fantasia e lo fa nell’ambito della fantasiologia, anche questa è una parola che esiste da moltissimi anni, più precisamente dal 1760. Cerco di diffondere questa mia passione da anni nelle scuole, università, carceri e ospedali, in qualsiasi contesto sociale, specialmente quello educativo.
La prima volta che ho incontrato questo termine è stato anni fa, durante una mia ricerca: è una parola che risale al 1987, trovata in un’intervista su Panorama in cui Gianni Guadalupi si definiva così per raccontare la sua passione per i viaggi esotici.
Nel 2001 ho preso quella parola e l’ho trasformata in una professione.
Da allora, mi occupo di fantasia, immaginazione e creatività. Le studio da più punti di vista: scientifico, umanistico, artistico e ludico. Questo approccio interdisciplinare è alla base della fantasiologia, il campo in cui opero e che porto avanti ogni giorno con passione e metodo.
Cosa faccio?
Studio e progetto. In pratica, sono un ricercatore indipendente: indago le radici e le funzioni tecnico-scientifiche della fantasia, dell’immaginazione e della creatività. Collaboro con scuole, università, festival, biblioteche, associazioni, lavorando con adulti, anziani, bambini. Propongo incontri, corsi, giochi site-specific e percorsi formativi sulla fantasiologia per allenare queste facoltà e renderle strumenti concreti di crescita personale, culturale e professionale.
Faccio il fantasiologo perché la fantasia, l’immaginazione e la creatività sono parte di un sapere profondo e strutturato, nato da una lunga tradizione di studi e riflessioni. Ne sono affascinato. Qui trovate le mie esplorazioni.
Ma come si diventa fantasiologi? Non ci sono strade prestabilite o lauree specifiche per questa attività, né guide che illustrino passo dopo passo il percorso da seguire. Diventare fantasiologo vuol dire avviare un’esplorazione personale alimentata dalla voglia di scoprire, dall’approfondimento costante e dalla ricerca continua, sapendo che fantasia, immaginazione e creatività costituiscono un universo di conoscenze complesso che affonda le radici in una ricca storia di ricerche e pensieri. Su queste fondamenta si costruisce un bagaglio di competenze individuale, formato attraverso lo studio dei testi, l’applicazione sul campo, l’analisi che attraversa più discipline e il dialogo con esperti di vari settori.
La fantasiologia è il mio ambito di studio. Attorno a essa ho individuato sette parole chiave: percezione, associazione, immaginazione, fantasia, fantasticheria, creatività, realtà. Le studio, le metto in dialogo tra loro, le esploro con strumenti diversi: la scrittura, i laboratori, la musica, il gioco.
Dal 2006 raccolgo articoli, interviste e materiali nella rassegna stampa online, che documenta il mio lavoro e percorso.
Come si diventa fantasiologhi? “Dalla curiosità e dall’inquietudine personale, dal desiderio di scuotere le cose per vedere come sono fatte e per ricavarne dell’altro, scoprendo il possibile”.
Massimo Gerardo Carrese per “La Repubblica”, 2019
Svirgolo, incontri divulgativi di fantasiologia di Massimo Gerardo Carrese, giugno-luglio 2021