FANTASIOLOGIA
di Massimo Gerardo Carrese
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Prima parte
«Di cosa si occupa lei?»
«Di fantasiologia».
A questa mia risposta gli interlocutori, di solito,
hanno le seguenti reazioni:
a) «Fantasiologia? Mai sentita. Di cosa si
tratta?»;
b) «Ah bello, la fantasia è fondamentale»;
c) «Lavorare con i bambini è un bel privilegio»;
d) «Ma è tipo Scientology?»;
e) «Interessante».
Quest’ultima reazione è quella che più mi preoccupa - lo dico per esperienza
personale ma non generalizzo - perché intuisco la completa indifferenza da parte
dell’interlocutore che chiede del mio lavoro solo per formalità. In quella sua
replica non c’è un invito a saperne di più (infatti, la nostra già noiosa
conversazione muore subito dopo). È un’espressione di sola circostanza.
Nient’altro.
La reazione b) ha buoni propositi e mi mette
contentezza. La c) apre a una serena
conversazione in cui mi piace dire che la fantasia e l’immaginazione non sono
territori mentali solo dei più piccoli. La d) è lontana dalle mie passioni. La
risposta a) è quella che preferisco. Invita alla condivisione, al dialogo
intelligente, il più delle volte molto appassionato, e da queste gradevoli
conversazioni nascono persino durature amicizie e collaborazioni.
Si può provare indifferenza verso la fantasiologia e,
ovviamente, verso chi scrive ma è possibile anche il contrario. In ogni caso,
l'indifferenza non deve mai confondersi con il pregiudizio.
LA PAROLA
“FANTASIOLOGIA”
Molti credono che la parola "fantasiologia"
sia una recente invenzione e i più pensano, per ragioni che chiarirò nel testo,
che si tratti di una mia ideazione.
L'etimologia di “fantasiologia” si lega a pháinō (mostrare) e il suffisso -logìa riporta alla terminologia
scientifica che sta per studio. La
fantasiologia è dunque lo studio di
ciò che si mostra nella mente ma la
parola ha una sua specificità: si accorda da tempo e a vario titolo, non sempre
in modo preciso e chiaro, alla fantasia, all’immaginazione e raramente alla
creatività. Fantasia, immaginazione,
creatività[1]: sono
questi i contesti in cui la fantasiologia si muove. Non mancano però esempi in
cui la fantasiologia è citata in circostanze diverse da quelle appena nominate,
per esempio per appellare un tipo particolare di letteratura[2]
o fatti poco felici come i complotti “No Vax”[3].
Il vocabolo “fantasiologia” non è recente. Nel 1760 è
già nelle Novelle letterarie di Giovanni Lami e, nella forma
inglese "phantasiology", in Margins of Philosophy di
Jacques Derrida (ed. 1982). Due esempi, tra i tanti, a rilevare la lunga
esistenza della parola nella storia del pensiero.
CERCARE
Se provi a cercare la parola "fantasiologia"
su Google[4]
troverai oltre 1.500 risultati con riferimenti, quasi esclusivi, alla mia
attività di studi, giochi e ricerche su fantasia, immaginazione e creatività.
Da qui la tendenza ad attribuirmi la paternità della voce ma non sono
l’inventore della parola "fantasiologia" (né di
"fantasiologo").
A CASA
Cominciai a frequentare le parole
"fantasiologo" e "fantasiologia" durante i miei anni
universitari. Leggevo libri di maestri che mi raccontavano di studi sulla
fantasia, sull’immaginazione, sulla creatività. Tra quei libri mi sentivo a
casa. Una casa con le porte e finestre sempre aperte.
GRAMMATICA
DELLA FANTASIA
Parallelamente ai miei studi universitari riflettevo sulle
caratteristiche della fantasia e dell’immaginazione (ma non ancora in modo
appropriato di creatività). Le mie prime opinioni e ricerche trovarono forma
nella Tesi di laurea che intitolai La
ruota del tempo fantastico. Gianni Rodari e la traduzione della fantasia.
Un lavoro tutto incentrato sul rapporto "fantasia-immaginazione"
viste dalla prospettiva di un gioco alfanumerico che avevo inventato ad
hoc e i cui risultati confrontavo con la vita e le opere (anche
tradotte) di Gianni Rodari, in particolare Grammatica
della Fantasia. Con la sua Grammatica
però non sempre ero in sintonia. Non dico per i suoi suggerimenti e
strumenti finalizzati a inventare storie (quelli mi piacevano e mi piacciono
ancora) ma per le sue riflessioni teoriche sulla fantasia (o sull’immaginazione:
per Rodari, ecco l’interferenza, i due termini sono sinonimi).
LA SCIA VAGA
Dopo la laurea organizzai le mie prime “lezioni sulla
fantasia” in scuole di ogni ordine e grado. Iniziavo così a girare in lungo e
in largo in tutta Italia (e talvolta anche all'estero), ad autopubblicare i
miei libri (per Ngurzu Edizioni, la mia “casa editrice”[5])
e a distribuirli in biblioteche d’Europa, Asia e America. Progettavo laboratori
con destinatari bambini e adulti....In poche parole, dopo l’università mi
dedicai da subito alla fantasiologia senza - consapevolmente - pensare ad altre
occasioni lavorative.
Desideravo fare il fantasiologo. Nient’altro. È proprio
questa la parola adatta a definire chi studia con un approccio sistematico e
interdisciplinare la fantasia, l’immaginazione, la creatività. Fantasiologo[6].
Ancora non nuotavo nelle acque profonde
dell’immaginazione e della fantasia ma quando cominciai a studiare queste due
facoltà restai colpito dalla scia di vaghezza che le accompagnava, trattate con
superficialità persino dai grandi studiosi. La fantasia, per esempio, era per
loro il mondo delle illusioni, dei sogni a occhi aperti, dei castelli costruiti
in aria. Era qualcosa di lontano dalla realtà. Eppure a me sembrava chiaro, con
tutta l’ingenuità dei miei anni ma forte delle evidenze che mi circondavano e
delle letture che mi avevano accompagnato fino a quel momento, che fantasia e
immaginazione fossero invece costitutive della realtà di cui parlavamo e in cui
vivevamo.
Nel 2003, a venticinque anni, decisi che non avrei
inventato una parola per nominare lo studioso di fantasia, di immaginazione (e
di creatività) né avrei creato ex novo
un vocabolo per eleggere la disciplina che si occupa di queste facoltà. Provai,
invece, ad adottare parole che già erano in circolazione, due voci da
rispolverare e da valorizzare ma questo non mi spaventava: “fantasiologo” e
“fantasiologia” erano perfette per tracciare il mio percorso di studi. “Fantasiologo”
avrebbe descritto un certo tipo di studioso e “fantasiologia”, già per la sua
storia, avrebbe rappresentato l’ambito disciplinare in cui si muove questo tipo
di studioso.
Trovavo belle ed esatte le due parole ma c’è da dire
che le due voci si muovevano in contesti non sempre a mio vantaggio. Le
ricerche allora disponibili in Internet mi raccontavano che “fantasiologo” era
chi faceva viaggi esotici e inventava mondi, chi aveva la testa tra le nuvole,
chi le sparava grosse, e “fantasiologia” era chi si occupava di ragionamenti
senza capo né coda. Insomma, non erano proprio queste le descrizioni che mi
avrebbero aiutato a dare forza e credibilità al mio percorso di studio e di
lavoro. Decisi
che avrei riscattato il valore delle due parole per come da me rintracciate
nella storia del pensiero e per quello che avrebbero rappresentato nel mio
personale percorso.
È con quest’ambigua postura che sono entrate a far
parte della mia vita. “Fantasiologo” e “fantasiologia” le ho presentate per la
prima volta in pubblico nel 2006, raccontandole per come erano intese nel
parlare comune e in quello specialistico. Per farlo avevo organizzato un tour
nazionale - autofinanziato con la vendita dei miei libri - sul tema
dell’Immaginario Linguistico: “Viaggio in Italia sulla Fantasia”[7].
È da quell’anno che il mio nome è pubblicamente legato alla parola
“fantasiologo”[8].
ASCOLTARE,
SEGUIRE, CAPIRE
Durante gli anni universitari e di quelli
immediatamente successivi sentivo di poter dare da fantasiologo il mio contributo all'intricata questione
fantasia-immaginazione. Solo dopo è arrivata l’attenzione anche alla creatività
e, a seguire, alla percezione, associazione e fantasticheria. Attualmente, mi
concentro sulla fantasiologia analizzando sette parole chiave che ho evidenziato
nel tempo: percezione, associazione, immaginazione, fantasia, fantasticheria,
creatività, realtà.
Dopo la laurea mi presentavo agli ambienti
universitari, scolastici e sociali come fantasiologo
cioè studioso di fantasiologia. Non
era facile allora e non lo è oggi: sostenere di essere un fantasiologo (dirlo
per davvero!) e di occuparsi (professionalmente intendo) di fantasiologia,
mette la maggioranza delle persone in una posizione non di curiosità per
qualcosa che non sa, né di apertura al “diverso”, come a dire «sentiamo che
cosa ha da raccontare». Al contrario, s’irrigidiscono in posizione di difesa.
Spesso è restando con le braccia conserte che mi prezzano a priori basandosi
non sui contenuti del mio lavoro (contenuti che tra l’altro non conoscono né si
sforzano di conoscere) ma sempre più sull’unità di misura social. «Quanti like ha?
Quanti followers? Quante
visualizzazioni ha il suo video?» È quel numerino - più è alto e più sono bravo
- che ai loro occhi mi rende una persona da
ascoltare. Dico meglio, da seguire.
Il che non vuol dire automaticamente da
capire. C’è differenza. Voglio che sia chiaro che non mi
faccio vittima delle difficoltà: mi limito a riportare un dato
tecnico e cioè che gran parte delle persone che mi “segue” non ha mai
letto un mio saggio (alcuni miei scritti tra l’altro sono disponibili
gratuitamente sul mio sito www.fantasiologo.com). Mi
giudicano, nel bene o nel male, per le cose che dico nel breve tempo di un
incontro pubblico (o di un filmato in Rete) ma sono pochissimi quelli che
approfondiscono prima o poi le mie pubblicazioni.
ATTIVITÀ
La mia storia fantasiologica si ripercorre in oltre
400 articoli apparsi dal 2006 a oggi su testate giornalistiche online e
sulla stampa locale, nazionale e internazionale[9]
che citano "fantasiologia" e "fantasiologo" in consonanza
con i miei studi e giochi che invento (sono giochi fantasiologici di tipo
linguistico, matematico, artistico, gestuale, musicale. Supporti pratici per
spiegare meglio la teoria)[10].
Fino a questo momento non so se io sia riuscito a dare
- non spetta a me deciderlo - un contributo davvero significativo alla figura
del fantasiologo e alla fantasiologia. A dar seguito a quel riscatto che mi ero
prefissato anni fa. Credo quantomeno di aver provato a offrire il mio ragionato
apporto alla questione e di aver lavorato con continuità sul tema.
Alla fantasiologia, e all’essere un fantasiologo,
dedico la mia vita. È la mia professione. Un lavoro come un altro, fatto di
altissimi picchi di entusiasmo e di profondi sconforti.
Sul tema “fantasiologia” organizzo attività varie:
corsi di formazione per docenti[11]
e lezioni per alunni in scuole di ogni ordine e grado[12],
realizzazione di documentari[13],
attività laboratoriali per specifici contesti[14], ideazione del
Festival Fantasiologico[15]
(con ospiti di rilievo nazionale e internazionale, invitati a discutere di
fantasia, immaginazione e creatività); mostre[16],
concerti[17],
editoria[18],
lezioni universitarie[19],
incontri pubblici in spazi culturali internazionali[20].
CHE COS’È LA
FANTASIOLOGIA
Grazie all’indispensabile confronto con persone
incontrate casualmente, ai bambini, agli amici, agli studiosi e ai non
pochi personali ripensamenti teorici, con il passare degli anni ho conosciuto
meglio la fantasiologia (meraviglie e inquietudini) e il mio lavoro di
fantasiologo (stupori e affanni). Oggi, la fantasiologia la descrivo con
queste parole:
«La fantasiologia è lo studio critico e analitico
degli aspetti scientifici, umanistici, ludici e artistici della fantasia
(il possibile), dell'immaginazione (le immagini mentali) e della creatività
(la tecnica e l’originalità)».
Fantasia-immaginazione-creatività sono le tre parole
essenziali della fantasiologia ma per comprenderle a fondo è necessario
studiare la percezione, l’associazione, la fantasticheria, la realtà.
Per concludere: la fantasiologia come
disciplina, il fantasiologo come figura professionale.
Seconda parte
MALINTESI
La fantasiologia (e la stessa professione
di fantasiologo, che qui però tralascio di discutere) è di frequente oggetto
di malintesi. Mi spiego. In Internet, mi capita di leggere di persone che
presentano “laboratori di fantasiologia”
o “corsi di
fantasiologia” e di soffermarmi sui siti e sulle pagine social dedicate alla “fantasiologia”
(anche nelle varianti straniere: phantasiology; fantasiologique…). Lì per lì,
quando leggo la parola "fantasiologia" non associata al mio nome sono
contento perché credo di aver trovato un’affinità con chi, come me, ha
deciso di occuparsi professionalmente
di fantasia, immaginazione, creatività. Ecco il punto: queste persone che
propongono eventi legati alla fantasiologia o che raccontano sulle loro pagine
di fantasiologia non si occupano professionalmente di fantasiologia.
LE BASI
Quando i professionisti di altro scrivono o parlano di fantasiologia, non
sospettano dei complicati rapporti che intercorrono tra le voci “fantasia” e
“immaginazione”. Altrimenti non scriverebbero, per esempio, di fantasia in
modi superficiali e scorretti. Probabilmente sono ottimi professionisti
nel loro settore. Forse hanno anche più titoli di studio e sanno fare benissimo
il loro primo lavoro e tutti gli altri a seguire. Non voglio mettere in
discussione questi aspetti. Invece, metto in dubbio la loro professionalità in
fantasiologia. Primo perché le generiche descrizioni, quelle delle loro
attività fantasiologiche, non spiegano mai che cosa sia la fantasiologia
(neanche una personale opinione a riguardo); secondo, perché scrivono o
pronunciano frasi del tipo:
-
La logica è opposta alla fantasia;
-
La fantasia è quella facoltà mentale che
gioca a evadere dalla realtà;
-
La fantasia è una visione creativa del
mondo;
-
La fantasia è immaginare;
-
La fantasia è immaginare cose che non
esistono;
-
La creatività è libertà di pensare a cose
strampalate.
Poi:
-
Usano espressioni tipo “processi
fantasiologici” ma non ne spiegano il senso;
-
Sostengono che la fantasia sia il sogno a
occhi aperti ma non ne giustificano il motivo;
-
Affermano che il loro “percorso di
fantasiologia” insegni a vedere le cose in modi diversi ma non descrivono i
dettagli di questa nuova visione;
-
Dicono che il “processo creativo” è lavoro
dell’inconscio e che per questo non si può studiare;
-
Citano aforismi sulla fantasia e sulla
creatività ma senza riportare le fonti.
I professionisti di altro sostengono di occuparsi
di fantasiologia ma la loro incompetenza è travolgente quando:
-
Non citano nomi e lavori di studiosi
viventi che si occupano professionalmente
di creatività. De Bono va bene, d’accordo, poi…?;
-
Confondono il concetto di “fantasia” con
quello di “fantasticheria”;
-
Non riportano nomi e opere di scienziati
che lavorano su fantasia e/o immaginazione. In poche parole, non sono
aggiornati;
-
Non citano recenti ricerche sulla
“creatività”. Quando va bene nominano testi degli anni Settanta, del secolo
scorso!;
-
Non conoscono autori e autrici (al di là
dei soliti due o tre nomi) che caratterizzano la storia, complessa e contraddittoria,
della “fantasia” e dell’“immaginazione”;
-
Non chiariscono i sensi e gli usi ambigui
che la parola “fantasia”, per esempio, assume nel linguaggio erotico, nella
moda, nella legislazione, nelle avanguardie artistiche, nel folklore, in
pedagogia….Parlano di fantasia senza mai contestualizzarla e senza averne una
visione interdisciplinare;
-
Non citano mai nomi di donne, come se gli
uomini fossero gli unici a occuparsi dello studio della fantasia,
dell’immaginazione, della creatività;
- Riferiscono di conoscere il pensiero che un
certo autore riserva al concetto di fantasia e ne scrivono. In realtà citano un
aforisma setacciato qua e là in Rete, senza controllare la fonte (quando sono
fortunati, l’aforisma corrisponde per davvero all’autore di cui parlano);
-
Parlano ancora di emisfero destro per
raccontare le regioni del cervello impegnate nell’attività creativa;
-
Non fanno distinzioni tra fantasia adulta
e fantasia infantile;
-
Traducono
impropriamente in un’altra lingua la parola italiana “fantasia” senza
chiedersi se nelle diverse culture questo concetto abiti differenze
sostanziali;
-
Non raccontano né in generale né in
dettaglio quando nascono in Occidente i primi studi sulla creatività, perché e
in che modo. E in Oriente?;
-
Non nominano mai coloro che per primi si
sono occupati, nella storia del pensiero occidentale, di
fantasia-immaginazione. E in Oriente?
-
Non raccontano mai delle prime traduzioni
latine corrispondenti al greco φαντασία.
I professionisti di altro non sanno argomentare i punti appena
riportati. Un fantasiologo è in grado di affermare e di
dimostrare che i professionisti di altro
parlano con imbarazzante superficialità di fantasia, di immaginazione e di
creatività e che non conoscono ben altre complesse vicende che riguardano
queste tre facoltà.
Sono incerti persino quando nominano la
fantasiologia: lo dimostrano con la loro comunicazione fatta di sole fotografie
e di brevi post sui social. Le loro fotografie
non veicolano messaggi ma sono rappresentazioni dell’apparenza. I loro post
riportano poche e confuse righe sui temi della fantasia, dell’immaginazione e
della creatività. I professionisti di
altro, questo è un fatto, non scrivono mai di fantasiologia. La fantasiologia
è la parola chiave del loro laboratorio, dei loro studi, eppure non la
spiegano. Né ci sono, anche tra i loro approssimativi e pochi lavori in Rete,
scritti o altre opere dedicati al tema della fantasiologia, quantomeno generici
contributi che aiutino il lettore curioso a formarsi un pensiero critico sugli
argomenti che propongono. Già, di quali argomenti parlano? Che paradosso affascinante: dicono di essere “docenti di
fantasiologia” e non scrivono di fantasiologia.
I professionisti di altro sono
inaccurati anche quando presentano la loro “attività fantasiologica” su
Youtube. Brevi filmati dove è evidente (a chi?) l’uso ambiguo che fanno della
parola “immaginazione” associata a concetti impropri e spiegata senza
consapevolezza tecnica, proprio come fa chi si trova a parlare di qualcosa che
non conosce fino in fondo ma che suppone di sapere perché ne ha sentito parlare
da sempre, come l’immaginazione. Questa è una parola che conosciamo da bambini
ma sappiamo che cos'è? Qual è la sua storia? Quali le differenze con la
fantasia, con la fantasticheria e con la creatività? E con la percezione e
l’associazione? Queste gravi imprecisioni risultano evidenti a chi ha
specifiche competenze nell’ambito di riferimento, cioè al fantasiologo o a chi
riserva al tema di cui parliamo un’attenzione critica e accurata. Non è palese,
invece, alla persona comune o a quella competente in altro ambito.
I professionisti di altro abbracciano la causa
fantasiologica proprio con la stessa ingenuità con cui parlano di fantasia e
con la stessa inesperienza presentano in pubblico e su Internet le loro
attività fantasiologiche. Senza però mai spiegare, come scrivevo, che cosa sia
la fantasiologia. Usano la parola “fantasiologia” come formula di richiamo ma
non è chiaro a che cosa. È questa loro incompetenza a turbarmi. Non
l’improbabile concorrenza. La fantasia, l'immaginazione, la creatività, la
percezione, l'associazione, la fantasticheria, la realtà presuppongono studi approfonditi, aggiornamenti,
esercizi, pubblicazioni, ricerche in biblioteche e sul campo, confronti,
ripensamenti, sconforti, contentezze inesprimibili.
COMPETENZA
Come si acquisisce una competenza in
fantasiologia se non c'è una scuola né un titolo dedicato? Sono diventato
fantasiologo da autodidatta ma, ecco la chiave di volta, essendo un lavoro
di responsabilità che ha come destinatari gli altri, il mio operato è
controllato da chi lavora negli ambienti accademici, scolastici, sociali a
cui rivolgo i miei lavori di fantasiologia. Ora, poiché non ci sono altri
fantasiologi che possono valutare in modo competente le cose di cui parlo e
scrivo, chi mi valuta e come?
Chi: i miei valutatori sono principalmente dirigenti
scolastici, docenti di ogni ordine e grado, accademici,
librai, studiosi....
Come: faccio un esempio pratico. La scuola primaria è il
luogo in cui lavoro con più frequenza. Il mio primo passo è contattare il
dirigente scolastico e proporgli un incontro di fantasiologia rivolto ai
docenti (un modo per farmi conoscere dalla scuola e attivare eventuali future
collaborazioni) o promuovere un corso di fantasiologia per gli alunni. In
questa fase invio il programma dettagliato della mia proposta seguito dal C.V.
È il dirigente scolastico a decidere se attivare nel proprio Istituto un
incontro o un corso di fantasiologia, finanziati con fondi della scuola o con
Fondi Europei. Prima di contattarmi però fa una riunione con i docenti
responsabili della formazione e si confronta con loro sulle mie passate
esperienze. Fanno ricerche in Rete e telefonano ai referenti indicati nel C.V.
per chiedere di me e del mio lavoro. Non di rado leggono qualche pubblicazione
sul mio sito o ne richiedono esplicitamente una copia cartacea tra quelle
indicate nel C.V. Il secondo passo lo fa la scuola che m’invita a un colloquio
alla presenza del dirigente scolastico e dei docenti responsabili della
formazione. Conversiamo del mio lavoro e delle passate esperienze. Il tono è
spesso cordiale e ci confrontiamo su vari temi ed è in questa circostanza che
m’invitano a illustrare i miei studi, per comprendere meglio che cosa sia, in
pratica, la fantasiologia. Fanno domande ed espongono problemi, dubbi,
criticità che risolvo con esempi e richiami teorici. Poi racconto di come
voglio progettare l’incontro o le lezioni, con quali metodologie e quali sono
le finalità. In caso di attivazione di un corso, le mie lezioni in aula sono
sempre affiancate da un tutor e da un valutatore interni alla scuola. Essi
riferiscono al dirigente e ai docenti responsabili del progetto l’andamento
delle lezioni, i contenuti e le reazioni dei destinatari. In non poche
circostanze, le prime lezioni sono seguite dal dirigente scolastico in persona
che verifica il mio lavoro sul campo con gli alunni. Tutor, valutatore interno e
dirigente scolastico controllano il mio operato e contenuti da quando ricevono
la mia proposta e per tutta la durata del corso. Si confrontano in riunioni con
i referenti del progetto e in collegio docenti. Si confrontano con gli alunni e
i loro genitori (spesso invitati in occasione degli incontri che propongo all’Istituto).
Un commento positivo della scuola, a conclusione del corso o dell’incontro, fa
sì che altri istituti accolgano di buon grado i corsi o gli incontri di
fantasiologia che proporrò in futuro: la scuola che mi accoglie con favore fa
da garante agli occhi delle altre. Invece, una valutazione negativa… a oggi, in
tutta sincerità e modestia, non c’è mai stata. Ci sono state esperienze più o
meno intense ma non negative.
I miei valutatori hanno il limite di
saperne meno di me in quanto a fantasiologia ma possono confrontarsi con me
attraverso la pratica della loro esperienza quotidiana e del loro lavoro.
Verificano cioè con la loro professionalità e dimestichezza la correttezza
delle dimostrazioni di cui parlo. Voglio dire che se a un dirigente scolastico
racconto di un mio studio e gli mostro praticamente il mio pensiero
(attraverso un esercizio, un gioco, una dimostrazione), egli potrà
controllare e mettere alla prova il mio ragionamento, la logicità del mio
procedimento, rifacendosi alla propria preparazione ed esperienza e
confrontandosi con colleghi e corpo docenti.
Inoltre, i miei valutatori controllano se
gli studi e le ricerche che espongo fondano su comprovabili basi
scientifiche, umanistiche, ludiche e artistiche. Valutano, in altre
parole, l’efficacia delle mie argomentazioni e confrontano i miei temi con
quelli storici: fantasia, immaginazione, creatività si studiano, e da tempo!
Ora, proprio perché i miei studi, giochi e ricerche sono documentati
e documentabili, il mio pensiero e la mia stessa attività
sono verificabili e certamente opinabili ma con intelligenza e
non con pregiudizio. Chi mi valuta è chi mi studia.
È necessario essere valutati?
Assolutamente sì se i destinatari del tuo lavoro sono gli altri. Se fai il
fantasiologo a casa tua, a chi puoi nuocere? Se fai il fantasiologo fuori di
casa e sostieni di occuparti di fantasiologia, allora devi essere valutato da
docenti, studiosi, artisti… e non da chi, con sincero entusiasmo, ti dice che
sei bravo in quello che fai. Quella del fantasiologo e della fantasiologia è
una competenza da praticare e da dimostrare. Non da improvvisare.
VALORI TECNICI E VALORI EMOTIVI
Non posso pretendere che un dirigente
scolastico valuti la mia professionalità sul piano dell’empatia. Fare il
fantasiologo, come ogni altro lavoro, significa conoscere il valore tecnico di
ciò che si dice e che si fa, con studi documentati. Accanto al valore tecnico
del mio lavoro c’è il valore emotivo, che è il mio sguardo personale sul mondo,
la mia sensibilità. La fantasiologia è insieme
valore tecnico e valore emotivo; competenza ed esperienza. Imprescindibilmente
legati. Ai professionisti di altro
che praticano la fantasiologia manca il valore tecnico.
UN CONFRONTO
Non mi sono mai confrontato con chi
propone incontri di fantasiologia. Quando scopro un “docente di fantasiologia” studio
quello che scrive. Ecco, che cosa scrive? Tutto e niente. Certamente niente di
fantasiologia. Su cosa confrontarci, allora.
TITOLI
C'è una differenza tra titolo e
competenza: il titolo dà valore legale al mio lavoro; la competenza è
come faccio il mio lavoro. Il fantasiologo e la fantasiologia non
hanno titoli legali (e questo rende felici coloro che vivono di pregiudizi, gli
scoraggiatori). Dedico gran parte del mio lavoro allo studio, alle
ricerche, a inventare giochi, a tenere corsi, laboratori e a organizzare eventi
pubblici e pubblicazioni che mettano nero su bianco i miei processi
critici e analitici sulla fantasia, l’immaginazione, la creatività. Tutte
attività che documentino la mia competenza. Posso mostrare quel che so fare
(competenza). Non chi sono (titolo). Questa è la mia forza. Non il mio limite. Ai
professionisti di altro, oltre al
titolo che non c’è, manca anche la competenza.
GRANDI EQUIVOCI
Quando parliamo nello specifico di
fantasia, di immaginazione, di creatività non dovremmo mai raffazzonare. Se
oggi queste tre parole continuano a essere portatrici di grandi equivoci
difficili da sbrogliare è perché seguitiamo ad arrangiare nel loro uso: ancora
sentiamo dire che sono attività per evadere dalla realtà, che sono parole
astratte o che servono al solo artista, che sono caratteristiche del genio e
non facoltà di tutti o, ancora, che sono facoltà in cui
eccellono solo i bambini perché ormai gli adulti si occupano di cose più
importanti. Non certo di fantasie, cioè di astrazioni. I professionisti di altro che si occupano di fantasiologia
divulgano anche questi grandi equivoci.
MAESTRI
Ci sono maestri del passato (e del
presente) che si sono dedicati con impegno e serietà alla fantasia,
all'immaginazione, alla creatività. Molte volte con stupendi e illuminati
contributi. Sono filosofi, architetti, scrittori, giornalisti,
designer... a cui capita di occuparsi
di fantasia, immaginazione, creatività ma di farlo con competenza e con profonda
consapevolezza. È questa l’abissale differenza tra loro e i professionisti di altro.
L’ORIGINALITÀ
Le attività fantasiologiche non presentano
“il rifacimento di", lo studio come “quell’autore là”, oppure il
laboratorio “ispirato da”. Attività che hanno il loro fascino e importanza (se
fatti bene) ma la fantasiologia non si occupa solo del “già detto” ma, insieme al “già detto” anche di attività originali, cioè nuove.
Vale a dire mai viste prima. Storia e
novità: questa è la fantasiologia.
Nei loro “laboratori di fantasiologia”, i professionisti di altro si occupano
esclusivamente del “già fatto” e del “già detto”. Non si registrano lavori
inediti bensì copie o rimaneggiamenti, non sempre eccellenti, di questa o di
quell’altra metodologia praticata da quell’autore o da quell’autrice e poi
presentati e descritti come “attività originali”. La fantasiologia è, invece, insieme conoscenza del passato e
realizzazione di teorie e pratiche mai viste prima. Nuove. Inedite. È questa la
più grande distanza tra chi propone con superficialità “laboratori di
fantasiologia” e di chi professionalmente
li esercita. Qui faccio dell’originalità una valutazione tecnica non un vanto
personale.
Come stabilisco l’originalità
di un’opera? Per capirlo dedico mesi di ricerche all’opera realizzata e provo a
scovare tracce o documenti che confutino la novità della mia creazione. Mi
confronto con studiosi, bambini, vari pubblici e con amici. Insomma, studio per
capire se quell'idea, se quel tipo di combinazione da me scelta, se quel certo
modo di trattare quei temi sia già stata impiegata-scoperta da altri
oppure no.
Se l’originalità che qui
racconto ti fa storcere il naso, c’è un aspetto che forse non stai
considerando: l’originalità può essere messa in discussione in ogni momento.
Questo vuol dire che le mie opere restano originali fino a prova contraria. Fin
quando cioè qualcuno non mi dimostra che quell’idea è già stata realizzata da
altri, con le mie stesse combinazioni di elementi. Osservando i “laboratori di
fantasiologia” dei professionisti di
altro posso documentare che i lavori che promuovono non sono inediti. Essi
parlano di originalità senza essere nuovi. Propongono percorsi senza fare
ricerche e li definiscono originali. È così che svalutano la bellezza e lo
stupore dell'inedito. Non è una gara a chi è più originale ma se prometti l’originalità
devi mantenerla. E dimostrarla. Fino a prova contraria.
LE PREMESSE SONO IMPORTANTI
Se presenti il tuo "laboratorio di
fantasiologia" dicendo che «la creatività è il flusso spontaneo di
idee», chi nota le informazioni tecniche sbagliate in questa frase? Lo
studioso che si occupa professionalmente di questi temi. Poi se ne accorge chi
ha fatto studi specifici sull’argomento, anche solo per curiosità
personale. Non nota nulla di strano invece l’inesperto e chi, in buona fede,
deciderà di frequentare questo tipo di laboratorio. Non voglio polemizzare
sull'utilità o meno dei “laboratori di fantasiologia” proposti dai professionisti di altro.
Ognuno trova l'utilità o l'inutilità da sé. Desidero, invece, sottolineare
che queste attività sono lontani da uno studio competente della fantasia,
dell'immaginazione, della creatività, della percezione, dell'associazione,
della fantasticheria, della realtà. Sono laboratori di chissà quale altra
cosa bella ma non di fantasiologia.
Il vero problema è che a circolare veloce
è la superficialità di un’informazione e così i professionisti di altro portano in giro con successo frasi
improprie del tipo «la creatività è inventare qualcosa dal niente». Sono
concetti questi che resistono nel tempo - anche perché intercettano un sostrato
religioso - rispetto all’informazione più tecnica e precisa ma meno comune e
perciò più debole come «la creatività è combinare elementi che già esistono, in
modi nuovi e appropriati».
UNA RICERCA SULLA FANTASIOLOGIA
Un ultimo aspetto tecnico: se il professionista di altro facesse una
veloce ricerca in Internet sulla parola “fantasiologia” troverebbe che quasi
tutti i risultati sono accompagnati dal mio nome. Approfondendo qui e là
capirebbe che la parola “fantasiologia", che vorrebbe usare per nominare il
suo laboratorio, è legata, oltre che a me, a un certo tipo di pensiero sulla
fantasia e l’immaginazione. Se il suo laboratorio non coincide con questa
tipologia di studio e di significato a rigor di logica dovrebbe decidere di
cambiare nome, di inventarne uno o di cercarne un altro più adeguato al suo intento.
Se, invece, approvasse questo tipo di parola perché il suo scopo coinvolge
anche la percezione, l’associazione, la fantasticheria e la realtà, allora
avrebbe tutto il diritto di chiamarlo “laboratorio di fantasiologia”.
I risultati in Rete per “fantasiologia” tornano
utili al professionista di altro per
leggere che intorno a questa parola ci sono pubblicazioni, citazioni in
articoli di giornali e in Tesi di lauree, consulenze per eventi di rilievo
internazionale e altro. Perché allora insistere e chiamare il proprio percorso
“laboratorio di fantasiologia” se di fantasiologia non si tratta? Perché non
fa una ricerca per controllare se quel nome “fantasiologia”, che tanto gli
piace, esiste già e che tipo di valenza, di risonanza ha nel mondo di Internet
e non solo? E se ha fatto questo tipo di ricerca, perché ne
ignora i risultati? Infine, che “professionista di fantasiologia” è se non
fa una ricerca sulla propria materia per capire com’è vista là fuori?
Non ho un uso esclusivo della parola
“fantasiologo” o di "fantasiologia" né delle terminologie "corso
di fantasiologia", "laboratori di fantasiologia", ma credo che
la mia attività sia coerente all’uso di queste voci.
La fantasiologia è confronto, dall’accademico
pluripremiato alla persona analfabeta o con un basso livello di istruzione; è
studio critico e analitico della fantasia, dell’immaginazione, della
creatività, della percezione, dell’associazione, della fantasticheria, della
realtà; è lavoro; è ricerca, ascolto e condivisione; è originalità
(documentabile); è dimostrazione e concretezza; è Gioco.
LA REALTÀ
CHE ABITIAMO
Dal design alla letteratura, dall’invenzione del tappo
di bottiglia alla poesia, dalla musica al colore verde dei semafori, dalla
zebra al pomodoro, dalla matematica al viaggio al centro della Terra, dalla
linguistica al Paese delle Meraviglie, dal silenzio all’homunculus, la
fantasiologia è interessata a tutto
perché fantasia, immaginazione, creatività sono facoltà
costituenti l’essere umano.
La realtà che abitiamo è fatta anche di lettere,
parole, cose, numeri, arti, gesti, melodie che nascono dai processi della
fantasiologia. Chissà per quali stravaganti motivi siamo pronti a sostenere che
la fantasia, per dirne una, appartenga al solo momento della lieta
spensieratezza, all’età fanciullina, alla sana evasione dal reale e non anche alle cose importanti, alle cose
che diciamo esser serie.
* Prima pubblicazione
in ArteCulturaItaloPolacca. Dalla rubrica "Grilli Per la Testa"
- saggio fantasiologico del 08/03/2018
Riscritto e aggiornato: 7 agosto 2020
Il testo è contenuto nel saggio di Massimo Gerardo Carrese, Per andare dove? Introduzione alla fantasiologia, Ngurzu Edizioni, Caiazzo 2020
Per contatti
[1] Nel testo cito principalmente il trinomio fantasia-immaginazione-creatività
ma sottintendo anche la fantasticheria-percezione-associazione-realtà, le sette
parole chiave della fantasiologia analizzate più avanti nel saggio “Per andare
dove? Le parole della fantasiologia”
[2] Lo
scrittore
Maurizio De Giovanni in “La Stampa”,
21/05/2017 http://www.lastampa.it/2017/05/21/cronaca/vedi-napoli-e-poi-scrivi-la-citt-e-i-mille-modi-con-cui-gli-scrittori-la-raccontano-DHVCYGOXK1NNMGNTcXjt6I/pagina.html
[3] La parola “fantasiologia” appare in un gruppo pubblico su
Facebook che invita a non vaccinare i propri bambini
[4] Verifica
anche con altri corrispondenti, tipo “fantasiology” o “phantasiology”. A parte
qualche raro caso di vicinanza al significato dato in questo scritto, nelle
varianti straniere la voce è descritta in termini vaghi e poco attinenti allo
studio della fantasia, dell’immaginazione e della creatività
[5] https://www.fantasiologo.com/shop/
[6] L’Enciclopedia
Treccani Online riporta
in una scheda la voce “fantasiologo” con il
significato di studioso, per come da me inteso. Credo di aver dato
negli anni a
questa parola un valore che prima di questo momento non le era
riconosciuto:
http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/parole/Neologismi_lettori_9.html
[7]https://www.fantasiologo.com/Massimo%20Gerardo%20Carrese%20-%20viaggio%20in%20italia%20sulla%20fantasia%202006%202007.html
[8]
Sulla carta stampata “fantasiologo” è associato per
la
prima volta al mio nome nell’articolo “Quel
‘giocoliere’ delle parole capace di
tradurre la fantasia”, apparso su il “Corriere della Sera
– Corriere del
Mezzogiorno” 30 giugno 2006. Qui per leggerlo:
https://www.fantasiologo.com/Massimo%20Gerardo%20Carrese%20-%20rassegna%20stampa%20anno%202006.html
[9]
https://www.fantasiologo.com/Massimo%20Gerardo%20Carrese%20-%20rassegna%20stampa.html
[10] https://www.fantasiologo.com/massimogerardocarreseelencopubblicazioni.html
[11] https://www.mi-lorenteggio.com/2016/05/03/Archivio45203/48162/
[12]https://www.termolionline.it/news/attualita/904489/a-scuola-di-fantasiologia-giocando-e-sperimentando-con-le-immagini-le-parole-i-numeri-e-le-cose
[13] http://www.gazzettabenevento.it/Sito2009/dettagliocomunicato2.php?Id=116013
[14] Laboratorio fantasiologico “Spaesa Menti”, con Noemi
Marotta per il Festival della Filosofia in Magna Grecia, Puglia 2019 https://www.youtube.com/watch?v=f97UPPwdCRc
[15] https://www.fantasiologo.com/festival%20fantasiologico%20il%20mattino.jpg
[16] https://www.artribune.com/mostre-evento-arte/elisa-regna-del-tuo-stesso-apparire/
[17] https://www.fantasiologo.com/Massimo%20Gerado%20Carrese%20-%20Musica.html
[18] https://www.fantasiologo.com/shop/
[19]https://www.matesenews.it/caiazzo-napoli-incontri-di-fantasiologia-alla-federico-ii-di-napoli-al-master-di-zooterapia-le-lezioni-del-fantasiologo-caiatino-massimo-gerardo-carrese/
[20] Per Matera 2019 Capitale della Cultura https://www.lasiritide.it/article.php?articolo=13595
"[...] La fantasiologia è un percorso interdisciplinare interessato alle storie e caratteristiche della fantasia e dell’immaginazione nel vivere quotidiano, nella dimensione irreale e nelle discipline umanistiche, scientifiche, ludiche e artistiche. Si rivolge a tutti: curiosi, docenti, studenti, bambini, giovani, anziani. Per quanto insolito possa sembrare, la fantasia, l’immaginazione, la creatività si studiano, e da tempo: a esse si sono dedicati Platone, Aristotele, Dante, Antonio Ludovico Muratori e, più recentemente, Edmund Husserl, Bruno Munari, Italo Calvino, Gianni Rodari, per citare alcuni nomi. Filosofi, artisti e letterati ma anche psicologi, scienziati…e non solo uomini: in passato erano principalmente loro ad accedere agli studi ma la fantasiologia è anche donna e non solo un genere femminile nella forma grammaticale. Ai tempi, senza tuttavia escludere casi contemporanei, si credeva che fossero soprattutto gli uomini a possedere le qualità associate ora all’immaginazione ora alla fantasia. Le donne, spesso tra pregiudizi e ostacoli, hanno svolto e svolgono un ruolo decisivo nella storia dell’umanità, in vari ambiti e discipline e molti sarebbero i nomi da citare: Elefantide, Nadia Campana, Rosalind Franklin, Nina Simone, Elena Cattaneo, Tina Modotti, Melanie Klein, per esempio. Gli studi, giochi e ricerche condotti dalle donne, al pari di quelli degli uomini, contribuiscono a sviluppare l’inimmaginabilità, intesa soprattutto come la straordinarietà di un evento possibile. Il doverlo ricordare, ancora, oltre a raccontarci qualcosa sull’uguaglianza dei generi ci rivela aspetti del nostro immaginario collettivo. [...]"
Massimo Gerardo Carrese, intervista a "Il Bicicletterario" (maggio 2016)
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Che cos'è la fantasiologia?
What is phantasiology (or fantasiology)?
VIDEO (ITA-ENG)
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