Del tuo stesso apparire*
Fotografia di Elisa Regna
-
-
“[…] A occhi aperti vedi la fotografia e l’ambiente in cui sei (anche se ognuno vede quello che vuole guardare). A occhi chiusi continui a vedere nella tua mente la stessa fotografia e lo stesso ambiente in cui ti trovi però le informazioni sono più sfocate e l’immagine esterna diventa dentro di te anche altro. La mostra di Elisa Regna è la tua immagine mentale che nasce osservando le sue fotografie. […]”[1] (Artribune, gennaio 2018)
[…]
Elisa Regna mette in mostra quindici fotografie in bianco e nero.
Inedite. Pensate per farsi guardare attraverso un gioco fantasiologico
ideato dallo studioso di storie e caratteristiche della fantasia e
dell’immaginazione, il fantasiologo Massimo Gerardo Carrese,
curatore della mostra. […]
(Rivista Segno, gennaio 2018)[2]
OGGETTO E SOGGETTO
Quindici fotografie. In bianco e nero. Elisa Regna[3] ritrae, al contempo, un oggetto e un soggetto. In ogni fotografia “la cosa” – sfocata – è in primo piano; la donna (Giovanna Prata[4])- in uno scatto mosso – è sullo sfondo. E tu sei l’osservatore, non solo delle fotografie ma delle tue immagini mentali.
A Elisa chiedo di preparare quindici fotografie per la mostra fantasiologica, con un vincolo artistico: frapporre fra l’obiettivo della macchina e la modella un oggetto a scelta ma sempre sfocato.
In queste fotografie c’è un primo piano, “la cosa”, e uno sfondo, la donna. Tal equilibrio fotografico è fedele anche a una certa etimologia (senza addentrarci in questioni filosofiche) che rivela in Objèctum ciò che è “posto di fronte” e in Subjèctum ciò che è “posto sotto”, nella nostra rilettura, sullo sfondo.
RACCONTARE E PERCEPIRE
Le fotografie esposte non raccontano una storia. Ogni scatto in mostra è l’indispensabile causa scatenante delle tue percezioni mentali, secondo il gioco fantasiologico di contesto. Ogni fotografia di Elisa Regna genera una percezione cosicché la mostra non racconta le immagini esposte ma le tue immagini mentali che nascono dalle sue immagini esposte.
A OCCHI APERTI – A OCCHI CHIUSI
Il gioco suggerisce postazioni e indicazioni di tempi d’osservazione. Sul pavimento, nello spazio espositivo, trovi due numeri (1 e 2) da cui iniziare il percorso e dei punti colorati che potrai scegliere a tuo piacere. Ogni colore/numero è associato a una fotografia. Metti i tuoi piedi su un punto colorato/numero e cerca con lo sguardo la fotografia associata a quel colore/numero. Guarda la fotografia da quella postazione. Guarda solo quella fotografia. Guardala dove desideri e fallo per quindici secondi (quindici sono gli scatti in mostra) dalla posizione in cui ti trovi. Poi chiudi gli occhi. Tienili chiusi senza far pressione sulle palpebre né arricciare la fronte. Resta fermo dove sei. Ecco, adesso dovresti vedere nella tua mente un’immagine, anche solo di sfuggita. Definita o incerta, una sagoma o un colore, l’immagine che ti appare dipende solo da te. Non c’è niente di spirituale in questo discorso. È una questione fisiologica: il nostro cervello è predisposto a formare/alterare immagini da stimoli esterni e interni, al di là del senso che diamo a queste immagini. Nella mostra ci concentreremo sulle immagini mentali che si formano da stimoli esterni, le fotografie.
A occhi aperti vedi la fotografia e l’ambiente in cui sei (anche se ognuno vede quello che vuole guardare). A occhi chiusi[5] continui a vedere nella tua mente la stessa fotografia e lo stesso ambiente in cui ti trovi però le informazioni sono più sfocate e l’immagine esterna diventa dentro di te anche altro. La mostra vive di questo anche. Le luci dell’ambiente espositivo e quelle diurne contribuiscono a costruire le fantasmagorie nella tua mente. Dopo aver giocato con la tua immagine mentale riapri gli occhi. Batti le palpebre, con leggerezza, e guarda la stessa fotografia ancora per un po’ e poi passa a un altro scatto.
“Del
tuo stesso apparire” è, insieme, un’esposizione
fotografica e un’installazione luci che invitano a una visione
dell’immagine in tre momenti:
– naturale: la vista come senso (vedere);
– chimerico (guardare):
quando chiamiamo in gioco la nostra esperienza. Questo accade quando
guardiamo una fotografia pensando alle sensazioni che essa ci
dà, se ci piace, se non ci piace, se ci ricorda qualcosa, se ci
riporta a un’altra immagine; quando pensiamo alla tecnica di
composizione, alle nostre emozioni, ecc. In particolare, lo sguardo
chimerico è quando vediamo un’immagine ma guardiamo
altrove;
– a occhi chiusi: che cosa ci appare quando vediamo e guardiamo una fotografia e poi chiudiamo gli occhi?
Durante l’inaugurazione della mostra, le persone che partecipavano al gioco e che guardavano a occhi chiusi[6] le fotografie, hanno raccontato, nel vivo delle loro esperienze, di aver avuto le seguenti apparizioni: un piede, un fiume che scorre, una ballerina, una finestra-cancello, un elefante, una spirale, una sfera azzurra danzante, una pergamena, una torre di un castello, un colore, un viale alberato, una cornice dorata….Le fotografie esposte, voglio precisare, non ritraggono le immagini o le caratteristiche sopra elencate.[7]
LA TUA IMMAGINE
La mostra di Elisa Regna non riguarda direttamente le fotografie esposte. La mostra è la tua immagine mentale che nasce osservando le sue fotografie. A seconda delle tue suggestioni, un braccio appena visto può mutare a occhi chiusi in una rosa; il collo della modella diventare rosso; la linea dell’oggetto trasformarsi nel profilo di un topolino. In questo discorso c’entra la complessità del nostro cervello di fare associazioni, di immaginare, di fantasiare, di creare, di definire la realtà. E c’entra la scienza, l’esperienza, la distrazione…. A vedere non è l’occhio, ma il cervello: lo capirono Galilei, Keplero e poi, tra gli altri, Kuhn.
VISIBILE – INVISIBILE
«L’arte, ha scritto una volta un filosofo che si chiama Agamben, non serve per rendere visibile l’invisibile, serve per rendere visibile il visibile, e questa cosa, con l’Emilia, a me è successa grazie alla fotografie di Luigi Ghirri, avevo detto. Prima di vedere le fotografie di Luigi Ghirri, se pensavo all’Emilia io, oltre che al ballo liscio, al lambrusco e ai tortellini, pensavo a poche cose, ai pioppi e al fiume Po, prevalentemente; c’erano queste immagini abusate che non avevano niente a che fare con le mie giornate, abito lontano dai pioppi e dal Po, ma che erano da qualche parte nella mia testa dentro una cartellina con su scritto “Emilia”. Dopo che ho visto le fotografie di Ghirri, io mi sono accorto che in Emilia ci sono anche i distributori di benzina, i semafori, le fermate dell’autobus, la neve, i bambini che si vestono da Batman per carnevale, i gommisti, le saracinesche, le pubblicità, il cielo. Lui, Ghirri, con le sue fotografie, è come se avesse preso con due dita l’imballaggio che avvolgeva l’Emilia, sotto casa mia, e avesse tolto dal loro imballaggio che li rendeva invisibili i distributori di benzina, i semafori, le fermate dell’autobus, la neve, i bambini che si vestono da Batman per carnevale, i gommisti, le saracinesche, le pubblicità e il cielo che c’erano sotto casa mia e io adesso, è incredibile, riesco a vederli, e la cosa è ancora più incredibile se si considera che Ghirri, sotto casa mia, probabilmente, non c’è mai neanche passato.»[8]
La fotografia in bianco e nero di Elisa Regna adotta un procedimento che ricerca l’invisibile nel visibile e, in questo gioco fantasiologico, viceversa. Forme, dinamicità, colori e altre caratteristiche delle immagini mentali dipendono solo da noi e da come desideriamo giocare con le nostre apparizioni. Visitatore: guarda, come suggerito, le fotografie di Elisa e poi chiudi gli occhi. Che cosa ti appare, se ti appare?
INSTALLAZIONE LUCI
Ho studiato nel tempo tutta l’installazione secondo le misure dello spazio espositivo. In un solo pomeriggio ho montato tutto. Una scelta ragionata delle lampadine da 15w: sei lampadine a luce calda e una lampadina a luce fredda; una lampadina calda a incandescenza da 20w; una lampada stroboscopica che si accendeva con un timer su una specifica fotografia ogni quindici minuti; una lampadina pendente, funzionante ma spenta. Ogni lampadina ha uno specifico ruolo nelle apparizioni. Vari metri di fili elettrici e di stoppa. Varie prese elettriche… tutto montato a vista. Tutto è ben visibile, a te visitatore. Talvolta una musica in sottofondo accompagna i tuoi passi.[9] Probabilmente, ti chiedi il motivo di quest’installazione così artigianale e sfacciatamente a vista: è per mostrarti che non ci sono artifici nel gioco delle tue apparizioni se non quelli generati dalla tua stessa mente.
Qui la fantasia si nutre del greco Φαντασία: apparizione.
Il testo è un riadattamento dello scritto presentato in occasione della mostra al Bar H di San Giovanni e Paolo (Caiazzo – CE), dal 27 gennaio al 27 febbraio 2018. Ringrazio Angela Tascillo e Franco Di Salvatore del Bar H che hanno accolto l’iniziativa con sincero entusiasmo.
* tratto da ArteCulturaItaloPolacca. Dalla rubrica "Grilli Per la Testa" - 09/04/2018
©2005-2023. Massimo Gerardo Carrese