ANTONIO REZZA E FLAVIA
MASTRELLA
Antonio, quasi dieci anni sono passati dalla nostra ultima intervista quando mi dicevi che la fantasia “Non si può ereditare, è una necessità di chi con la realtà non scende a patti.” Qual è la realtà a cui accenni?
Quella cui scendo a patti ogni mattina e cioè l’autogestione, il
telefono, la volgare amministrazione. Per avere fantasia bisogna sporcarsi le
mani con la realtà a far finta che non sia vero.
Flavia, nella stessa intervista alla domanda “che cos’è la fantasia?”
rispondevi che “Il potere cerca di
veicolare la fantasia perciò
penso che di questi tempi sia una forma di lotta.” In che modo e con
quali strumenti il potere veicola la fantasia?
Giocattoli, film, arredi urbani, trasporti, i social, impongono una
rieducazione continua un’estetica comportamentale restauratrice di vecchi
concetti dimenticati da tempo e reintrodotti da una nuova porta, queste
modalità spingono a realtà diverse e parallele dove, c’è spazio solo per
fantasie denutrite e monocorde.
Diversi giornali e blog in rete usano la parola “fantasia” per
descrivere il vostro teatro. Non credete che “fantasia” sia una parola
imprecisa, cioè che ognuno può riempirla di un proprio senso (per es. ora
intesa come “irrealtà”, “evasione dal banale”, “figure della mente”, ora come
“immaginazione”, “creazione”…), o è per questa sua ‘veste indefinibile’ che
diventa voce adeguata a rappresentare, a raccontare, anche per voi stessi, il
vostro teatro?
Antonio Rezza: La
fantasia è l’incapacità degli altri ad averla. Quindi chi la attribuisce al
prossimo è perché lui non ce l’ha. È sempre un discorso di negligenze altrui.
Flavia Mastrella: Noi non diamo lezioni né soluzioni usiamo
linguaggi stratificati che conducono in una realtà onirica dove visioni e realtà
si fondono in un rituale energizzante di scambio, la persona partecipa
attivamente con la sua fantasia. Il termine è giusto.
In Clamori al Vento (Il Saggiatore, 2014)
leggo: «La fantasia stupisce perché l’essere umano non è biologicamente
abituato a essere meravigliato: sapere che una persona ti stupirà porta quella
persona a essere prevedibile. Non siamo fatti biologicamente per lo
sbalordimento. Una persona che ti ha stupito sai già che la prossima volta
potrà sorprenderti ancora, e questo la rende scontata perché crea non più
stupore ma prevedibilità attraverso la sorpresa. Secondo questo paradosso, noi
siamo due persone molto prevedibili.» Come si diventa imprevedibili?
Antonio Rezza:
Non ponendosi il problema. Si è sempre imprevedibili per gli altri solo
se lo sei anche per te stesso. Poi c’è chi fa finta. E va compianto.
Flavia
Mastrella: Basta
capovolgere le regole.
Che cosa esaltano e che cosa tramortiscono i vostri spettacoli?
Antonio Rezza: Esaltano il libero arbitrio e il corpo in
avaria. Stordiscono chi già è stordito.
Flavia Mastrella: Tramortiscono il pessimismo, il cattivo
gusto e l’ipocrisia. Durante le performance invece trionfano la comunicazione,
gli aspetti tragici e contraddittori e l’incoerenza di una società allo sbando.
Flavia, in un’intervista in rete abbiamo letto una tua risposta in cui
parlavi di una fantasia codificata e di una fantasia libera. Sottolineavi che
voi esercitate nel vostro teatro una fantasia libera. Ci puoi spiegare meglio
la differenza tra le due?
La fantasia codificata, denutrita, produce solo documenti, parla
dell’attualità triste e guerrafondaia che genera pietà e autocompiacimento. La
fantasia libera è inutile spiegarla.
Che valore ha l’insignificante per te Flavia?