PER
ANDARE DOVE?
le parole della fantasiologia[1]
«La fantasia
stupisce perché l’essere umano non è biologicamente abituato a essere meravigliato:
sapere che una persona ti stupirà porta quella persona a essere prevedibile.
Non siamo fatti biologicamente per lo sbalordimento. Una persona che ti ha
stupito sai già che la prossima volta potrà sorprenderti ancora, e questo la
rende scontata perché crea non più stupore ma prevedibilità attraverso la
sorpresa. […] Non avere la pazienza di aspettare la meraviglia è un
comportamento tipico del potente che vuole gli altri simili a come se li
immagina. La fantasia si muove continuamente, miscela e frammenta. Le visioni
si materializzano, hanno continuità, diventano realtà. La fantasia può essere
tangibile ma non è un’ideologia, è una dimensione, diventa banale quasi sempre
per problemi di censura; siamo oppressi da film, opere teatrali noiose, imposte
dagli esperti ad autori compiacenti. Siamo circondati da persone che bramano
che ognuno sia uguale a come lo si vorrebbe.»
Antonio Rezza e
Flavia Mastrella, Clamori al vento
«L’umanità è come un
bimbo che cresce e scopre con stupore che il mondo non è solo la sua stanzetta
e il suo campo giochi, ma è vasto, ci sono mille cose da scoprire e idee da
conoscere diverse da quelle fra le quali è cresciuto. […] Ma più scopriamo, più
ci rendiamo anche conto che quello che ancora non sappiamo è più di quanto abbiamo
già capito. Più potenti sono i nostri telescopi, più vediamo cieli strani e
inaspettati.
Più guardiamo i dettagli
minuti della materia, più scopriamo strutture profonde.»
Carlo Rovelli, La realtà non è come ci appare
Percezione (percepire)
È
un processo psichico complesso che mi fa prendere coscienza della realtà, cioè
di tutto quello che è fuori da me. Guardo la figura:
Mi
chiedo: «Che cos’è?». È una palla da basket. La riconosco. Ne ho
memoria. Ne comprendo forma e colore e ne ricordo la dimensione. La percezione,
che raccoglie informazioni anche sullo stato del mio corpo, qui mette in
contatto l’esterno con i miei sensi umani[2], e
viceversa (anche quando non conosco la cosa che percepisco). Questa figura
è la rappresentazione di una palla da basket che conosco nella realtà. L’ho
vista nei campi da basket, in televisione, nei negozi, in fotografia, a casa di
amici e a casa mia.
Associazione (associare)
È
la facoltà che si riferisce al mio modo emotivo di sentire il mondo. Guardo la
figura e mi chiedo: «Che cos'è per me?». Associare vuol dire mettere in
relazione l’oggetto con me, una connessione volta a far risuonare il mio mondo
interiore. Una relazione tra l’esterno e l’interno, e viceversa, che è contatto
emotivo con il mondo. Guardo la figura e penso alla mia adolescenza, a quando
giocavo a basket.
Facoltà
importantissima al nostro vivere quotidiano e alla nostra sopravvivenza, la
percezione legge le cose del mondo sul piano della competenza («Che cosa è?»,«Come si chiama?»). L’associazione,
invece, attiva il piano emotivo («Che cosa è per me?», «Che cosa mi ricorda?»)
e riguarda l’educazione, che vuol
dire “tirar fuori” (etimo di educare).
Il mondo oggi chiede tecniche prestazioni e meno coinvolgimenti, così leggiamo
la vita più per competenza che per educazione.
Immaginazione (immaginare)
È
la facoltà delle immagini mentali e trattiene le forme[3]. Mi
chiedo: «Com’è fatta nella mia mente l’immagine della palla da basket?» Le immagini mentali provengono dall’esperienza
dei nostri sensi - anche quando visualizziamo mentalmente contesti irreali: le
singole parti che si combinano a formare il fittizio arrivano sempre dalla
nostra esperienza. Se visualizziamo con attenzione una stessa immagine mentale
questa avrà, ogni volta che la richiamiamo, sfumature variabili.
L’immaginazione non è imitazione, arida riproduzione: le immagini mentali sono
mutevoli.
Inizio
a vedere la palla da basket con gli occhi della mente. Perché con la mente se
posso osservarla dal vero? L’immaginazione avviene in assenza[4] (totale
o parziale) all’oggetto percepito e mi invita a capire in che modo conosco il
mondo. In altre parole, posso sapere che cos’è una palla da basket (percezione)
e come risuona in me (associazione) ma come si conserva nella mia mente la sua
immagine? Rispondere a questa domanda è fare un esercizio di immaginazione.
Se provo a descrivere a parole o a disegnare una palla da basket, che sostengo
di conoscere bene, potrei scoprire che non è per nulla così, che mentre
immagino la palla da basket per esempio non so che disposizione abbiano le
linee nere sulla sua superficie: se compongono una precisa forma geometrica o
se sono linee disposte casualmente. L’immaginazione mi aiuta a completare la
conoscenza che ho di me e del mondo[5],
del modo in cui si conservano in me le sue informazioni.
Con
l’immaginazione metto in azione l’immagine che di quell’oggetto
conservo nel mio cervello e ne esploro mentalmente le parti. A volte queste
investigazioni rivelano immagini nitide, altre volte confuse.
L’immagine
non è una figura nel cervello ma un’informazione che lo stesso cervello
rielabora e che mi mostra come se fosse figura[6].
Se mi concentro[7],
riesco persino a far ruotare nella mia mente la palla da basket[8], a
sentire il suono dei suoi rimbalzi. Il colore arancione non lo vedo chiaramente
mentre sono piuttosto netti i piccoli rilievi di gomma sulla sua superficie. La
mia personale esperienza mi permette di visualizzare mentalmente e quasi in
ogni dettaglio la palla da basket. Al contrario, avrei potuto fare delle
congetture e sottoporle poi a verifica con l’osservazione dal vero. In entrambi
i casi, l’immaginazione è conoscenza.
L’immaginazione
non è solo un’attività che resta nella mente ma la posso condividere in
espressioni esterne, la posso dimostrare, per esempio mostrandola a me stesso e
agli altri con una bozza di disegno. Le immagini mentali sono combinazioni
provvisorie e la memoria (che è l’archivio dell’immaginazione) non sistema
stabilmente le informazioni come fa un computer (altrimenti non sarebbe
degenerativa) ma ogni volta che richiama un ricordo, essa lo ricrea[9].
La
memoria è un processo creativo[10].
Di conseguenza, anche l’immaginazione.
Fai
un esercizio. Prova a immaginare come sono disposte le linee sulla superficie
di una pallina da tennis. Che disegno geometrico formano? Quante linee ci sono?
Che colore hanno? Qual è la differenza con quelle sulla palla da basket? Fai la
stessa cosa con un bicchiere, com’è fatto? E ancora: che volto ha il tuo
migliore amico?; e tua moglie?; il tuo fidanzato? Scoprirai che immagini le
cose e le persone in modi inaspettati.
Fantasia (fantasiare)[11]
È la facoltà che si occupa di trovare
alternative. Ricombina le immagini mentali[12] e
dà a esse possibilità[13]. La fantasia non accade solo nella nostra mente
ma dalla nostra mente può uscire e condensarsi all’esterno, può oggettivarsi,
grazie a una dimostrazione che, seppur provvisoria, risponde alla domanda: «Che
altro può essere una palla da basket?». Sarà compito della creatività, lo
vedremo più avanti nel testo, rendere definitive le combinazioni provvisorie
della fantasia e dell’immaginazione.
Anche la fantasia, come
l’immaginazione, si muove in assenza perché va di là dell’oggetto percepito da
cui tiriamo fuori possibilità che ancora non sono evidenti. La fantasia si può
favorire creando ambienti appassionanti ma non si può insegnare perché dipende
dalla nostra cultura, educazione, contesto sociale….
La
fantasia interrompe una consuetudine perché non guarda più l’oggetto per ciò
che è (una palla da basket) ma per tutto quello che potrebbe essere/diventare.
Quando rintraccio una possibilità in un oggetto, questa non vaga nella mia
mente come fosse un fantasma senza trovare una via d’uscita (altrimenti sarebbe
una fantasticheria) ma la mostro obiettivamente a me stesso e agli altri. La
dimostro facendo relazioni tra tutto ciò che conosco. Più cose conosco, con una
certa consapevolezza e spirito critico, più relazioni posso fare (e più
intriganti saranno le mie fantasie). La fantasia, come l’immaginazione, è
conoscenza.
Per
esplorare le possibilità devo infrangere quella logica che dice che A è solo A
e non può essere non A. Un bicchiere è solo un bicchiere e non può
essere un non bicchiere. Non è semplice incidere questo tipo di logica. A
molti intimorisce farlo perché si spalancano le porte dell’ignoto e l’ignoto
spaventa perché imprevedibile. So che cos’è un bicchiere ma che cos’è un non
bicchiere? Che cosa diventa? Forse un portapenne? Un’arma? Un gioco? Una
scultura? Se intacco questa logica non vuol dire che procedo secondo
insensatezza ma che guardo il mondo e le cose del mondo con altre logiche, da
altre prospettive, dalla prospettiva dell’anche.
La congiunzione anche è un concetto
interdisciplinare «[…] che abita la facoltà della fantasia e vive in
quest’espressione: ‘una cosa (parola, oggetto, numero, suono) non è solo quella
cosa ma ANCHE altro’. L’ANCHE apre alle possibilità, da condensare in un
risultato tangibile[14].»
La
mia pallina da basket può diventare anche
un binocolo (senza rompere la pallina…)[15].
È la disposizione delle linee nere sulla pallina a farmi realizzare questa possibilità.
Con una pallina da basket tra le mani posso creare la forma di un binocolo e,
più immediatamente, se osservata come in figura
intravedere
la lingua di un cane (tra l’altro, il modello di pallina in foto è usato per
far giocare gli animali domestici, in particolare i cani). La lingua di un
cane, da dove è nata quest’intuizione? Da “pallacanestro” che conserva al suo
interno la parola “cane” (“pallaCANEstro”) e da qui mi sono chiesto se era
possibile trovare un “cane” non solo come parola in “pallacanestro” ma anche come presenza anatomica sulla
pallina da basket. Sembra una riflessione insensata ma… ad aiutarmi nella
pratica, ancora una volta, sono state le linee nere presenti sulla palla da
basket. Guarda la pallina in figura, riesci a vedere la forma della lingua di
cane? Su ogni pallina ci sono quattro lingue!
La
mia fantasia qui si muove per analogia e posso condividere la mia possibilità
con gli altri. La mia fantasia, che dimostro, trova spazio nella realtà. Nell’individuare
la lingua di cane su una pallina da basket c’è in gioco la fantasia e, insieme,
la percezione, l’associazione, l’immaginazione, la creatività, la
fantasticheria. La lingua di cane sulla pallina da basket (o su qualsiasi altra
misura di palla da basket) è una possibilità che nasce dalla mia voglia di
scoprire il mondo e dalla mia necessità di metterlo in dubbio. Dubbio, dal
lat. Dúbium da dúo ‘due’[16].
Il mio concetto dell’anche
rappresenta il dubbio (due) giacché sostiene che una cosa è quella cosa e pure
un’altra.
La
pallina da basket che metto in dubbio è un gioco determinato dal caso (di avere
tra le mani una pallina da basket e non un altro tipo di pallina) e dalla
regola (sapere che cosa guardare: la forma geometrica delle linee e il nome
della pallina). La fantasia non è solo caso ma anche regola. Bruno Munari scriveva: «La combinazione tra regola e
caso è la vita, è l’arte, è la fantasia, è l’equilibrio[17]».
La
fantasia ha una propria logica, fatta di funzioni provvisorie il cui vigore
dipende solo dal mio modo di essere e di curiosare. La fantasia non è in
conflitto con la logica comune ma è l’altra sua faccia[18]:
non è antitesi della realtà[19] (quella,
semmai, è la fantasticheria), della razionalità[20].
Nel parlare comune si dice che i bambini, e loro stessi lo affermano[21],
hanno più fantasia degli adulti ma questa fantasia è molto spesso confusa con
le caratteristiche che invece sono proprie della fantasticheria….[22]
Creatività (creare)
A
differenza della fantasia e dell’immaginazione, la creatività[23]
può essere insegnata perché collegata al fare, al metodo progettuale, al modo
tecnico. Mentre si può educare alla
fantasia e all’immaginazione, in senso etimologico[24].
L’immaginazione e la fantasia esplorano in assenza e mostrano combinazioni
provvisorie, cioè le immagini mentali e le possibilità sono sempre in
costruzione, fin quando la creatività non stabilisce le combinazioni più
appropriate allo scopo progettuale e le determina con tecnica e originalità[25].
La creatività agisce in presenza perché ragiona sull’oggetto e non al di là di
esso. Creare vuol dire fare[26]. Creatività
è principalmente sviluppo individuale, solitario, ma il risultato è
condivisibile collettivamente attraverso le fasi di un processo creativo, che
va dalla progettazione di un’idea ancora in formazione alla comunicazione di
un’idea definita/di un prodotto concluso. La creatività è tecnica, cioè un
insieme di pratiche basate su regole, istruzioni pronte all’uso come a) il
metodo per costruire, da una pallina da basket, il modellino di un’automobile e
accessorio in 3D; b) per formare il gesto di un binocolo; c) per vedere la
lingua di cane, attività descritte nel mio laboratorio fantasiologico Vista - Gesto - Moto (2020).
La
creatività è l’uso tecnico e finalizzato della fantasia e dell’immaginazione,
della percezione, dell'associazione e della fantasticheria. Mi
chiedo: «Come definisco tecnicamente la mia creazione e quanto è
originale?». La creatività sottopone a verifica un’idea e la valuta
sul piano economico, sociale, culturale, psicologico. Se ho trovato nella
pallina da basket una lingua di cane, un binocolo, il modellino di un’automobile
con accessorio, mi domando: «A che cosa mi servono queste possibilità? Come
comunicarle all’altro? Posso impiegarle in ambito didattico? Sono opere originali?
La lingua di cane, il binocolo, l’automobile sono verificabili in tutte le
palline/palle da basket o solo in alcune?» La creatività unisce in modo inedito
elementi noti al fine di creare qualcosa di nuovo, utile ed eticamente
corretto. Con una pallina da basket ho strutturato un gioco fantasiologico su
come costruire la forma di un binocolo, un’automobile con accessorio in 3D e
come rintracciare una lingua di cane esemplificata in questa figura in basso[27].
La creazione dovrà essere nuova e utile per me e/o per la società[28].
Creatività è tecnica e originalità.
Le
idee non arrivano dal cielo né si generano dal nulla. Lucrezio ne scriveva già
in La natura delle cose[29]. Ancora
non sappiamo che cosa siano le idee[30]
ma abbiamo capito che nascono dallo studio e ricerca - l’insight, l’improvvisa illuminazione che sembra arrivare dal niente,
è il risultato differito proprio dei nostri studi e ricerche. Nascono dal
coraggio di persistere in uno scopo; dalla fortuna - non è secondario il fatto di
trovarsi al momento giusto e nel periodo storico giusto!; dall’acutezza di
saper leggere gli eventi quando si mostrano a noi: le idee nascono anche per
caso e per serendipità[31].
Il creativo propone qualcosa che nessuno ha mai visto prima di quel momento.
Un’idea o un oggetto, che non ha confronti con il passato. Che non è presente
nella storia dell’umanità. «La creatività è rispondere a una domanda che non è
stata posta[32]». È
il tempo storico a dire se un’opera è davvero creativa: la storia
dell’evoluzione umana è piena di idee scartate perché in un dato momento
considerate inutili o folli e poi capite e riprese con entusiasmo. In generale,
la creatività rompe le certezze acquisite, irrompe nella sedentarietà della
cultura. Creatività è progresso (da non confondere con sviluppo, distinzione
che meriterebbe un discorso a parte[33]).
Le persone non amano riequilibrarsi dopo che si sono abituate, talvolta per
secoli, a un modo di fare e alle tradizioni culturali perciò guardano spesso
con diffidenza al nuovo perché, appunto, non lo riconoscono e non possono
valutarne l’efficacia. Chi investe in creatività non punta allo sbaraglio ma
elegge la fantasia e l’immaginazione a strumenti di ricerca e a processi di crescita
e non più a sole attività di svago e di ricreazione, come troppo spesso sono
intese.
È
dal vecchio che nasce il nuovo. È dalla combinazione inedita del noto che si
crea l’originale. Da cosa nasce cosa, recita un proverbio. La creatività ispira
la fantasia, accresce l’immaginazione, stimola la percezione, arricchisce
l’associazione, fa vibrare la fantasticheria. Quando noi pensiamo, tutte
queste parole della fantasiologia, chi più e chi meno, sono in
circolo. Non sono attività isolate ma complementari.
Fantasticheria (fantasticare) [nota]
È
la facoltà che m’invita a vagare con spensieratezza tra le immagini della
mente e tra le possibilità. È il sogno a occhi aperti. È il gioco del “fare
finta che”. Molto più sbrigliata dell’associazione perché non mi chiedo a che
cosa mi fa pensare una pallina da basket? ma «Dove mi porta questa pallina da
basket?», «che cosa diventa per finta?» Mi lascio trasportare dai miei pensieri
che s’incrociano con altri pensieri, senza apparente motivo[34].
La
fantasticheria è anche quando
animiamo un oggetto a fare finta che
sia un’altra cosa da ciò che rappresenta. È un gioco che non resiste al
confronto con la realtà perché se imitiamo un’automobile con la nostra pallina
da basket, quest’ultima non sarà mai obiettivamente un modellino di automobile.
Sarà sempre una pallina da basket. Salvo che non dimostriamo questa
possibilità, cioè farla diventare anche
il modellino tangibile di un’automobile, ma siamo già nell’esercizio della
fantasia.
Per
fantasticare basta una parola, un’immagine, un suono, un odore che scatena un
ricordo a condurmi altrove, a farmi attivare relazioni anche molti distanti tra
loro. Relazioni a me stesso imprevedibili, incontrollabili e talvolta non
giustificabili. Posso sembrare molto concentrato durante lo svolgimento di
un’attività, specie se abitudinaria, e scoprirmi, al tempo stesso, a pensare ad
altro[35].
La fantasticheria è certamente legata all’inconscio (come spesso lo sono le combinazioni provvisorie della fantasia e dell’immaginazione) ma è anche conscia quando chiedo all’altro una complicità affinché stia al mio gioco. Per esempio, quando imito gesti e suoni di un’automobile con una pallina da basket tra le mani. L’altro, adulto o bambino, partecipa divertito al mio gioco ma sa che quella non è il modello di un’automobile. In breve, chiedo all’altro di credermi, senza dimostrazione. Fantasticare è una fondamentale, complessa, variegata facoltà della mente che mi aiuta a scavalcare il quotidiano (per intravedere in esso delle opportunità eventualmente da realizzare), a divertirmi, a sorridere di gusto. Secondo l’intensità del fantasticare, di quanto cioè si creda vera una “visione”, si parla di patologia che è un altro tema articolato.
[nota: Nuove
letture, studi e ricerche hanno portato l’autore a maturare posizioni
differenti sul concetto di ‘fantasticheria’ per come descritto in questo saggio
e in tutte le sue precedenti opere. Le nuove riflessioni sono affrontate in pubblicazioni dal 2022-2023]
Rendere
solide
La fantasticheria è tutto ciò che accade nella
mente e che non trova un dialogo comprovabile con la realtà circostante. È
quello che rimane nella nostra mente, è il sogno a occhi aperti, il gioco del
“fare finta che”. Anche la fantasia e l’immaginazione possono rimanere attività
produttive solo nella nostra mente: quando pensiamo a una possibilità, a un’alternativa,
possiamo lasciarla correre nella mente senza mai tirarla fuori. Così per
un’immagine mentale, che contempliamo solo in noi senza mai preoccuparci di
farla vedere a qualcun altro. L’immaginazione e la fantasia, in tal senso,
restano nella nostra testa, rimangono intangibili. Sono in molti a intenderle
solo in questo senso, a vestirle di astratto, e così diventa frequente
incontrare nel parlare quotidiano e in testi specialistici frasi come “queste
sono solo fantasie”, “questa è solo frutto della tua immaginazione” a rilevare
l’assenza di realtà che le parole fantasia e immaginazione portano con sé. Invece,
è indispensabile conoscere, per la nostra educazione ed evoluzione, che
fantasia e immaginazione, a differenza della fantasticheria che non avrà mai un
richiamo concreto nella realtà se non “per finta”, possono condensarsi nella
nostra vita in forme tangibili. Possono cioè rendersi solide, evidenti, così come lo sono
diventate nel laboratorio fantasiologico (ndr
Vista Gesto Moto 2020). La creatività
definisce la fantasia e l’immaginazione con un processo tecnico e originale. Dà
loro un equilibrio. La creatività non è mai astrazione: persino nel linguaggio
comune è intesa sempre come produzione concreta.
Realtà (realizzare)
La
pallina da basket è reale, parola che «Nel linguaggio della scienza [vuol dire]
che ha consistenza fisica, che è un corpo o una sostanza»[36]
ma la pallina da basket non esiste, intendendo con questa espressione l’essere
in vita[37],
la sua presenza biologica.
La
realtà è tutto ciò che è indipendente dalla nostra mente, tutto ciò che è fuori
di noi e di cui verifichiamo la consistenza con strumenti obiettivi. In questa
realtà ci sono forme oggettive (cose)
e forme biologiche (vita). La
fantasia fonda realtà (cose) ma non
esistenze (vita).
La
lingua di cane che troviamo sulla pallina da basket è reale, la sua
rappresentazione è proprio lì, è visibile a tutti, ma non esiste in quanto
muscolo dotato di vita. L’ippogrifo nella sua rappresentazione è reale e resta reale
anche se io non leggo le sue caratteristiche fisiche nell’Orlando Furioso ma l’ippogrifo non esiste: non ci sono fossili[38].
Il
bambino che gioca con una pallina da basket facendola diventare un’automobile
gioca con qualcosa che non è (non è un’automobile) e non c’è (non è tangibile).
Il suo gioco è irreale poiché egli fantastica. La fantasticheria non ha
consistenza fisica. Quando invece il bambino crea il modellino di un’automobile
usando un metodo, allora egli gioca con la realtà (l’automobile ha consistenza
fisica).
Tutto
quello che è creato dall’essere umano è reale e in quanto tale conserva le
informazioni della fantasia, dell’immaginazione, della creatività,
dell’associazione, della percezione, della fantasticheria. Rintracciamo queste
facoltà in tutte le creazioni dell’essere umano. Facoltà che compongono in
profondità e in superficie la nostra vita individuale e sociale. Se
approfondiamo la storia di un’idea o di un oggetto, come per esempio quella
della palla da basket, capiamo concretamente il percorso compiuto dalla
fantasia, dall’immaginazione e dalla creatività - cito principalmente queste
tre facoltà ma il discorso è da estendere a tutte le altre parole della
fantasiologia - di chi ha realizzato quell’oggetto perché possiamo indagare
quali possibilità sono state considerate e quali escluse; quali forme sono
state elette e quali invece messe da parte; quali tecniche sono state usate e
com’è stata ricercata l’originalità del gioco. Non è semplice fare questo tipo
di analisi/osservazioni nelle cose del mondo e nelle idee ma neppure
impossibile. Sostenere che un oggetto sia reale e che più non c’entrino in esso
la fantasia, l’immaginazione e la creatività è dare a chi ci ascolta o legge
un’informazione incompleta, della realtà e delle facoltà qui descritte.
Nel
linguaggio quotidiano si dice che la realtà sia l’opposto della fantasia. Al
più c’è contrapposizione tra fantasia ed esistenza mentre fantasia e realtà si
completano a vicenda. La fantasia, per la sua polisemia, è frequentemente
confinata a qualcosa di indefinito, di inclassificabile, di astratto, di
estraneo dal mondo in cui viviamo[39]. Attività
fondamentale, si dice spesso in convegni e si scrive in libri e progetti ma in
sostanza la fantasia passa nel nostro ordinamento scolastico e universitario, e
nella vita quotidiana, perlopiù come attività che presenta gioiose
spensieratezze, irrealtà, evasioni dal circostante. È già un bene, si dirà, ma
dov’è la fantasia come facoltà del possibile, come strumento di
conoscenza per ri-scoprire noi stessi e il mondo?
Da
secoli gran parte dell’umanità si occupa approfonditamente solo di un lato
della medaglia (realtà, esistenza, razionalità, logica…) trattando con superficialità
l’altro (fantasia, immaginazione, creatività…). Le conseguenze sociali e
culturali di quest’atteggiamento sono visibili nella monotonia, chiusura
intellettuale e appiattimento emotivo del singolo, specchio egli stesso di una
collettività che cerca, rincorre e pratica sempre più la competenza e la
competizione e sempre meno il gioco e l’educazione.
Conclusione
La
possibilità è l’ispirazione. Che cos’è l’ispirazione? Wisława Szymborska
la racconta così: «L’ispirazione, qualunque cosa sia, nasce da un
incessante “non so”. […] due piccole paroline: “non so”. Piccole, ma alate.
Parole che estendono la nostra vita in territori situati dentro noi stessi e in
territori in cui è sospesa la nostra minuscola Terra. Se Isaak Newton non si
fosse detto “non so”, le mele nel giardino sarebbero potute cadere davanti ai
suoi occhi come grandine e lui, nel migliore dei casi, si sarebbe chinato a
raccoglierle, mangiandole con gusto. Se la mia connazionale Maria Sklodowska
Curie non si fosse detta “non so”, sarebbe sicuramente diventata insegnante di
chimica in un convitto per signorine di buona famiglia, e avrebbe trascorso la
vita svolgendo questa attività, peraltro onesta. Ma si ripeteva “non so” e
proprio queste parole la condussero, e per due volte, a Stoccolma, dove vengono
insignite del Premio Nobel persone dall’animo inquieto perennemente alla
ricerca di qualcosa. Anche il poeta, se è un vero poeta, deve ripetere di
continuo a se stesso “non so”.[40]»
La
fantasiologia invita a pronunciare queste due piccole paroline. A capire
in che modo leggiamo il mondo e anche
in che modo, in ogni istante, ci cade dentro. Le parole della fantasiologia cercano
il modo di farci alzare dalla comodità del nostro divano. Sì, ma per andare
dove? «La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le
direzioni.», suggerisce Gianni Rodari[41].
[1] “Fantasiologia” per approfondire. Le
sette parole chiave della fantasiologia (percezione, associazione,
immaginazione, fantasia, fantasticheria, creatività, realtà) sono
complementari. La sequenza proposta in questo scritto ha scopo d’indagine e
tenta di mostrare i principali tratti di ciascuna voce. L’intento del saggio fantasiologico
non è di esaurire le argomentazioni esposte, affrontate nello specifico in
altri miei lavori, ma di stimolare nel lettore un primo pensiero critico
riguardo ai temi discussi. “Per andare dove? Le parole della fantasiologia” è
stato pubblicato per la prima volta sul blog “ArteCulturaItaloPolacca” il
28/06/2018 e in seguito su www.fantasiologo.com (riscritto e ampliato:
settembre 2020)
[2] Riccardo
Falcinelli, Guardare pensare
progettare. Neuroscienze per il design, Stampa Alternativa & Graffiti,
Viterbo 2011
[3] Maurizio Ferraris, L’immaginazione, Il Mulino, Bologna 1996
[4] Jean Paul
Sartre, L’immaginazione – idee per
una teoria delle emozioni, Bompiani, Milano 2007
[5] Durante i miei
incontri fantasiologici di Mi manca
un venerdì (si
veda l’articolo del 19/3/2018
https://www.fantasiologo.com/venerdi%20fantasiologo%20Massimo%20Gerardo%20Carrese.html
), ho verificato che proponendo gli esercizi di immaginazione con la
pallina da
basket, adulti e bambini non riuscivano a comunicarne, tramite per
esempio
disegno o descrizioni a parole, forma e sostanza (posizione e spessori
delle
linee, colore, rilievi di gomma sulla superficie, materiale in
uso…). Questo
semplice esercizio creava stupore e sconcerto tra i partecipanti che,
fino a
quel momento, credevano di conoscere bene come fosse fatta una palla da
basket.
Questo lascia ipotizzare che usiamo l’immaginazione in modi
superficiali, solo
per visualizzare generici contesti ma non la loro profonda natura
[6] http://www.iapb.it/nervo-ottico
[7] Si veda il mio
articolo “Del tuo stesso apparire” del 9/4/2018 con particolare riferimento
alla nota 5 sull’afantasia https://arteculturaitalopolacca.com/2018/04/09/del-tuo-stesso-apparire1/
[8] Stephen
Kosslyn, Le immagini nella mente.
Creare ed utilizzare le immagini nel cervello, Giunti, Firenze 1999
[9] Gerald Edelman, Giulio
Tononi, Un universo di coscienza.
Come la materia diventa immaginazione, Einaudi, Torino 2000
[10] Massimo Gerardo
Carrese, Fantasiare e immaginare.
Sguardi fantasiologici sul Taburno, Ngurzu Edizioni, Caiazzo 2017
[11] Ibidem. In questo saggio propongo l’uso
del verbo fantasiare per
indicare le caratteristiche specifiche della fantasia; il verbo immaginare per immaginazione; creare per creazione; associare per associazione; percepire per percezione; fantasticare per fantasticheria; realizzare per realtà
[12] Ferraris, op. cit.
[13] Carrese, op. cit.
[14] “Massimo Gerardo Carrese – fantasiologo”
in M.E.M.O.RI. Museo Euro Mediterraneo dell’Oggetto Rifiutato. M.E.M.O.RI.
Book, BoÎteeditions, Lissone 2020 (per Matera 2019 European Capital of Culture
2019)
[15] Massimo Gerardo
Carrese, Come fare un binocolo con
una pallina da basket, Ngurzu Edizioni, Caiazzo 2018 https://www.fantasiologo.com/shop/index.php/prodotto/un-binocolo-pallina-basket/ Durante il laboratorio Mi manca un venerdì e in altre lezioni
fantasiologiche, ho mostrato numerose creazioni da una pallina da basket.
Creazioni tutte realizzabili (con metodo progettuale): un paio di occhiali
richiudibili, un’automobile, un elefante, una bocca, un osso, un naso….Molti
richiami sul tema sono in due miei documentari fantasiologici Dalla pallina da basket a me (Ngurzu
Edizioni, Caiazzo 2019) e Ci è venuta
così (Ngurzu Edizioni, Caiazzo 2019)
[16] https://www.etimo.it/?term=dubbio
[17] Bruno Munari, Verbale scritto, Corraini, Mantova 2013
[18] Edward De Bono, The use of lateral thinking, Penguin,
London 1971
[19] Gianni
Rodari, Scuola di fantasia, a
cura di Carmine De Luca, Editori Riuniti, Roma 1992: «Noi
spesso siamo vittime di questa opposizione nel discorso familiare, a scuola,
nei discorsi comuni, opponiamo spesso fantasia e realtà, come se fossero due
cose antitetiche. […] La fantasia non è in opposizione alla realtà. È uno
strumento per conoscere la realtà, è uno strumento da dominare.»
[20] Guido Petter, Ragione, fantasia, creatività nel bambino e
nell’adolescente, Giunti, Firenze 2010
[21] Massimo Gerardo
Carrese, Denti Ridenti, Ngurzu
Edizioni, Caiazzo 2018. In questo documentario fantasiologico emerge più volte,
da parte degli stessi bambini, la necessità di sottolineare il loro uso più
fecondo della fantasia rispetto a quella praticata con superficialità, secondo quanto
sostengono, dagli adulti. Si nota nel documentario che il termine “fantasia” ha
per i bambini un uso ambiguo e comunque più vicino al significato di
fantasticheria, cioè alla libera evasione mentale dal circostante, al gioco del
“fare finta che”, e non alla forma di esplorazione del possibile con
un’oggettiva dimostrazione
[22] “Il fantasiare nei bambini” in
Carrese, Fantasiare e immaginare,
op. cit.
[23] Massimo Gerardo Carrese, “La
creatività adottata” 06/02/2019 in https://www.fantasiologo.com/la%20creativita%20Massimo%20Gerardo%20Carrese.html
[24] Per esempio
Bruno Munari in Fantasia (Editori
Laterza 2006) ci descrive le funzioni della fantasia applicate alla
comunicazione visiva ma tali funzioni non sono istruzioni tecniche replicabili
sempre allo stesso modo ma stimoli da adottare e rendere propri a seconda dei
casi e del nostro modo di stare al mondo
[25] In questo scritto non
approfondisco il concetto di originalità e le differenze con quello di unicità.
Mi limiterò a ricordare che la creatività è legata al concetto di originalità,
cioè dalla combinazione inedita di elementi noti
[26] http://www.etimo.it/?term=creare
[27] La fotografia del cane, qui
riadattata, è di João Paulo Corrêa de Carvalho da Flickr
[28] Annamaria
Testa, La trama Lucente. Che cos’è
la creatività perché ci appartiene come funziona, Rizzoli, Milano 2010
[29] Si veda anche
Piergiorgio Odifreddi, Perché non
possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), Tea, Milano 2013
[30] Edoardo Boncinelli, Come nascono le idee, Editori Laterza, Bari
-Roma 2010
[31] https://www.focusjunior.it/tecnologia/invenzioni/le-invenzioni-nate-per-caso-serendipity/
[32] Piero Angela in “Kilimangiaro”,
puntata su Rai 3 del 24/6/2018
©2018
Massimo Gerardo Carrese, “Per andare dove? Le parole della
fantasiologia” ora in Massimo
Gerardo Carrese, Per andare dove? Introduzione alla fantasiologia, Ngurzu Edizioni, Caiazzo 2020
Per qualsiasi uso citare sempre la fonte.
Per citazioni:
Massimo Gerardo Carrese, Per andare
dove? Introduzione alla fantasiologia, Ngurzu Edizioni, Caiazzo 2020
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